[...] un libro ben scritto che si presenta in maniera del tutto accogliente e permette la lettura ad un pubblico molto vasto. [...]
Le Tate Libraieh
In queste pagine ho sorriso nei momenti felici di queste persone, ho pianto leggendo le crudeli vicende... [...]
Sara Quiriconi, Thriller Storici e Dintorni
[...] Il romanzo di Bianchini denota una profonda conoscenza delle vicende storiche narrate, sapientemente intrecciate con il racconto che scorre fluido... [...] ...riesce a trascinare nel turbine della storia passata anche il lettore più pigro.
Paola Marchese, Septem Literary
Il Montefeltro e la Romagna, nel XIII secolo, sono teatro di innumerevoli battaglie tra guelfi e ghibellini. Ponendosi alla testa delle due fazioni in lotta, secondo le convenienze del momento, per prestigio e tornaconto, le nobili casate dei Montefeltro e dei Malatesti rivaleggiavano fra loro. Nel 1285, il conte Guido di Montefeltro, capo del partito ghibellino, signore di Urbino e capitano del popolo a Forlì e Faenza, è costretto ad arrendersi all'esercito guelfo e, dopo avere consegnato due figli in ostaggio a Papa Onorio IV, viene confinato a Chioggia. Nell'estate del 1289, il conte Corrado di Pietrarubbia, appartenente a un ramo cadetto dei Montefeltro, occupa Urbino, cacciando dalla città i guelfi alleati dei Malatesti e richiamando in patria gli esuli ghibellini. Questo avvincente romanzo, ambientato con grande fedeltà storica, riporta alcune vicende documentate, come l'imboscata di Cesena, dove gli uomini di Corrado di Pietrarubbia attentano alla vita di Malatesta da Verucchio, futuro signore di Rimini, e il trattato d'alleanza di Montescudo, che Taddeo di Pietrarubbia stipula successivamente con l'acerrimo nemico. È in questo contesto storico che Pio Bianchini inserisce il suo racconto delle genti di Petra Rubea, nome latino di Pietrarubbia. L'antico e cadente maniero di Monte San Lorenzo è retto da Bonzio, fido vassallo dei fratelli Corrado e Taddeo. Alvisio e Fraudolente, loschi figuri al soldo del conte Corrado, imperversano, sia in pace sia in guerra, commettendo atroci efferatezze e provocando radicali cambiamenti ai delicati e instabili equilibri tra le diverse fazioni politiche...
Malatesta si fermò e scoprì la testa di capelli rossi e arruffati per farsi riconoscere. L'individuo che aveva di fronte era imponente ma, al cospetto di un prode guerriero, qualunque ladro, per quanto ardimentoso e robusto, sarebbe fuggito.
Lo fissò sprezzante.
Marino sostenne impavido lo sguardo fiero del nemico.
Con ostentata indifferenza, Malatesta appoggiò la mano sull'impugnatura in madreperla della basilarda che cingeva al fianco.
«Che vuoi? Lasciami il passo!»
Il tono era quello di colui che fosse solito comandare per essere obbedito.
Il gigante non si mosse di un pelo. Anzi, ghignò soddisfatto. Era un atteggiamento insolito.
Poi Malatesta capì: dall'oscurità uscirono altri uomini che brandivano corte spade e lunghi coltelli.
Marino sorrise. «Prego, mio signore, passate pure!»
Con un inchino beffardo si fece da parte. Ma la strada era occupata dagli altri.